Vincenzo Manna, laureato in "Stilistica e Retorica" all'Università degli Studi di Firenze, frequenta l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico". Si diploma in regia nel 2009 con lo spettacolo "Fari nella nebbia", dove debutta anche come drammaturgo. Lavora come regista e autore, sceneggiatore, traduttore e DJ. Nel 2008 è tra i fondatori di Cassepipe Compagnia , compagnia teatrale indipendente che si inserisce nel solco della tradizione italiana ed europea del teatro di regia e di drammaturgia. Dal 2013 è docente di Recitazione e Drammaturgia presso l'Università Link Campus di Roma. Tra i riconoscimenti finora ottenuti, il Premio SIAE (2010) come miglior nuovo autore italiano (53° Festival dei Due Mondi di Spoleto). Alcuni dei suoi testi sono pubblicati presso le case editrici "Editoria&Spettacolo" e "Titivillus". Tra i suoi lavori:"Fari nella nebbia" (2009) finalista al 50° Premio Riccione, menzione speciale della giuria; "Cani" (2010) 2° Premio Borrello per la Drammaturgia e Premio CassinoOFF 2014; "Hansel e Gretel" (2010) vincitore del Premio Scenario Infanzia ;"L'ultima cena" (2011) finalista al Premio Hystrio; "Giulio Cesare" (2012) traduzione per lo spettacolo selezione Globe to Globe che rappresenta l'Italia durante le manifestazioni culturali delle Olimpiadi di Londra 2012; "Inverno" (2014) di Jon Fosse, regia realizzata per ATCL e Florian Metateatro di Pescara; "S/Z" (2015) primo studio su "Roberto Zucco" di B.M. Koltès prodotto da 369 gradi in collaborazione con Armunia Festival Inequilibrio e Carrozzerie n.o.t.; "Le mille e una notte" (2015) drammaturgia del progetto Khora/Link Theatre; "Odissea da Omero a Derek Walcott" (2015) regia realizzata per Khora Teatro.

 Anteprima Teatro d'Autore

sabato 8 ottobre 2016 ore 21.00 FLORIAN ESPACE - Pescara

CANI (mise en espace)

di Vincenzo Manna

una produzione 369gradi in collaborazione con Armunia festival Inequilibrio, Florian Metateatro, 20chiavi Teatro

regia Vincenzo Manna con Aram Kian e Federico Brugnone

disegno luci Javier Delle Monache costumi e oggetti di scena Cassepipe Compagnia

direzione di produzione Alessia Esposito comunicazione Benedetta Boggio

Una postazione di alta montagna al confine tra due paesi differenti per etnia e religione. Due soldati a guardia di un passaggio di frontiera. Dopo due anni di isolamento K., il più anziano dei due, si imbatte in un uomo e, convinto che sia una spia, lo imprigiona. Subito dopo, anche una ragazzina raggiunge la postazione. Dice di essere la figlia dell’uomo, c’è stato uno scambio di persona, suo padre è solamente un pastore. Ma K. non le crede e imprigiona anche lei. Cani, testo inserito nell’antologia New Writing Italia. Dieci pezzi non facili di teatro (Editoria&Spettacolo), 2° al Premio Borrello 2010, vincitore del CassinOff 2014, viene allestito per la prima volta in forma di studio: un lento scivolare nella follia, una progressiva degenerazione della mente e del corpo, un disperato tentativo di sopravvivenza al cospetto di una natura maestosa che, nella sua immutabilità, può essere solo spettatrice dell’incredibile violenza umana. Il testo è stato inserito nell'antologia "New Writing Italia. Dieci pezzi non facili di teatro." (Editoria e Spettacolo, 2010)



Magdalena Barile vive a Milano dove lavora come autrice teatrale e televisiva. Per il teatro scrive testi e collabora come dramaturg per diverse compagnie fra cui Animanera (Milano), Accademia degli Artefatti (Roma), Charioteer Theatre (Scozia). Fra i suoi testi recenti: One Day (2010), Lait (2011), Fine Famiglia (2011), Un altro Amleto (2012), Piombo (2013), La Moda e la Morte (2015). I suoi testi sono stati tradotti in inglese, francese, tedesco, catalano, svedese e russo.

Attodue (Laboratorio Nove) nasce nel 1982 come struttura di produzione e formazione teatrale. Da allora diventa una delle più importanti compagnie italiane di ricerca dedite sia alla nuova drammaturgia che alla sperimentazione dei linguaggi di rappresentazione. Fa conoscere in Italia nuovi autori di teatro (Sarah Kane, Mark Ravenhill, M.M.Bouchard, J-L-Lagarce), impegno che gli vale il conferimento nel 1999 del Premio Ubu.

Murmuris è una giovane realtà culturale di Firenze che si occupa di produzione teatrale, di formazione, di ospitalità e di promozione e diffusione della cultura teatrale, specificatamente nell’ambito del contemporaneo. Attiva dal 2007, fino al 2013 si è occupata della Direzione Artistica e organizzativa del Teatro Everest di Firenze.

ATTO DUE + MURMURIS (Firenze)

IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI

ispirato al CANDIDO di VOLTAIRE

Dopo essersi fatta apprezzare nel 2015 con il brillante spettacolo "Le Regole del saper vivere nella società moderna" di Jean-Luc Lagarce, la compagnia fiorentina torna a Pescara con una "commedia filosofica per quattro giardiniere"

di Magdalena Barile

con Simona Arrighi, Luisa Bosi, Laura Croce, Sandra Garuglieri

regia Simona Arrighi e Sandra Garuglieri

primo spettatore Massimiliano Civica

collaborazione al progetto Silvano Panichi, Francesco Migliorini

COME ACCADE CHE IN OGNI REGIME, IN OGNI LUOGO E TEMPO DELLA STORIA, SINGOLI UOMINI O SPARUTE MINORANZE RIESCONO A DOMINARE E ASSERVIRE LE MASSE? — E. DE LA BOÉTIE

Benvenuti nel giardino della libertà e dell’uguaglianza. Ogni sera 4 attrici/cortigiane si esibiscono al servizio della loro esigente padrona, Madame. In scena le avventure del Candido di Voltaire, giovane ottimista metafisico a spasso nel peggiore dei mondi possibili: il nostro. In una gara di asservimento volontario le 4 competono per compiacere Madame, Quando Madame viene decapitata nel suo giardino, senza una padrona per cui esibirsi e con un nuovo potere alle porte, le 4 dovranno decidere cosa fare delle loro esistenze. Come de la Boétie, le 4 sembrano suggerire che i patimenti degli uomini sono l’effetto del loro volontario e misterioso asservimento a un potere coercitivo a cui si convincono di dover rispondere. Candido è un’opera sulla schiavitù umana, eterna, micidiale, imbattibile nella mente e negli spiriti degli uomini. È un’opera originale ispirata all’opera di Voltaire, una farsa filosofica sull’origine del male che trova eco nelle idee del trattato sulla servitù volontaria di Etienne de La Boétie e nel divertente e cattivissimo Saggio sull’arte di strisciare di Paul H.D.d’Holbach.

ISTRUZIONI PER L’USO: DOBBIAMO COLTIVARE IL NOSTRO GIARDINO. Finisce così, il viaggio del Candido di Voltaire. L’esilarante viaggio nell’orrore di un giovane ingenuo e per l’appunto, candido, a spasso nel peggiore dei mondi possibile: il nostro. L’enorme rapidità con cui Candido e i suoi compagni sono vittima di una quantità inverosimile di disastri, li trascina in un giro del mondo in ottanta pagine dove il male assoluto è l’oggetto di una verve instancabile.



 

Kismet - Teatri di Bari

PICCOLA ANTIGONE E CARA MEDEA

di Antonio Tarantino regia  Teresa Ludovico con Teresa Ludovico e Vito Carbonara, spazio e luci Vincent Longuemare

Antonio Tarantino, con "Cara Medea" e" Piccola Antigone", riporta i miti nella nostra storia recente, nei sobborghi di città degradate o distrutte dalla guerra. Le protagoniste di queste storie vomitano parole feroci e banali per sfuggire , spesso, al dolore di un vivere quotidiano che le stringe in una morsa inesorabile e le paralizza. "Piccola Antigone" è la storia di una prostituta che incontra un cliente che si svelerà essere poi Edipo, suo padre. In "Cara Medea", la protagonista è un'ex deportata, rinchiusa in un lager dopo aver ucciso i figli, che percorre un'Europa post bellica per raggiungere il suo Giasone a Pola.

 

“Teresa Ludovico spiazza il suo pubblico e si mostra sorprendente nell’immergersi in due figure che riesce palpabilmente ad amare. Con lei un perfetto Vito Carbonara in uno spettacolo esemplare per accuratezza e ricchezza registica, segnato dalle meravigliose e discrete luci di Vincent Longuemare” (Nicola Viesti, Corriere del Mezzogiorno)



Khora Teatro

COSTELLAZIONI

testo del giovane drammaturgo inglese Nick Payne con Jacopo Venturiero e Aurora Peres regia Silvio Peroni

Un testo che parla della relazione uomo-donna, ispirandosi alla teoria del caos ed esplora le infinite possibilità degli universi paralleli: una danza giocata in frammenti di tempo. Più di 100 scene in 75 minuti. In questa danza la più sottile delle sfumature può drasticamente cambiare una scena, una vita, il futuro. È un’indagine sul libero arbitrio e sul ruolo che il caso gioca nelle nostre vite. Assolutamente divertente, ma disperatamente triste è proprio il suo dinamismo intellettuale ed emotivo a rendere il testo unico e travolgente.

 

NICK PAYNE Giovanissimo drammaturgo britannico ha studiato all' University of York e successivamente alla Central School of Speech and Drama . È, inoltre, inserito nel programma Royal Court Young Writer's. Con la sua prima commedia "If There Is I Haven't Found It Yet which" ha vinto il prestigioso George Devine Award nel 2009. Ha debuttato al Royal Court Theater nel settembre 2010 con la commedia Wanderlust, ed attualmente gli sono stati commissionati testi dal Paines Plough, dal Royal Court Theater e dalManhattan Theatre Club / Alfred P Sloan Foundation.
Nel novembre 2010, Payne è stato finalista per l' Evening Standard Award come scrittore più promettente.
SILVIO PERONI Regista teatrale e direttore artistico di Festival e rassegne culturali. Esordisce come regista a 22 anni. Negli anni realizza la regia di spettacoli e di letture poetiche debuttando in numerosi festival nazionali e curando l’allestimento di spettacoli nella maggiori piazze nazionali. Ha diretto artisti come Elio Germano, Isabella Ragonese, Daniela Poggi, Alessandro Tiberi, Margot Sikabonyi, Massimo Dapporto, Ninì Salerno, Arnoldo Foà, Paola Gassman e ha realizzato spettacoli di autori come Will Eno, Nick Payne, Mike Bartlett, Cesare Zavattini, Tahar Ben Jelloun, Neil La Bute, Pinter.



Torna a Pescara l'entusiasmante gruppo nO (Dance first. Think later) con "Città/Inferno" Menzione Speciale al Festival Scintille 2015 uno spettacolo forte, tutto al femminile, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne.

Teatro della Tosse / Il Cardellino/ nO (Dance first. Think later)

CITTA'/INFERNO

drammaturgia e regia Elena Gigliotti con Rachele Canella, Melania Genna, Elena Gigliotti, Carolina Leporatti, Demi Licata,Elisabetta Mazzullo, Daniela Vitale voce off Maurizio Lombardi.

Città/inferno è un racconto senza tempo ispirato alla vita nel carcere femminile, un musical di dolori e abbandoni, delle superstizioni, delle canzoni passionali, dell’Italia, della peggiore Italia, da nord a sud, passando per il centro. Un viaggio nella disperazione di donne che fanno di tutto per non apparire disperate. Città/Inferno drammaturgia e regia Elena Gigliotti è liberamente ispirato al film “Nella Città, l’inferno” di Pietro Castellani, con Anna Magnani e Giulietta Masina. Assassine, fattucchiere, adultere e ladre seriali provenienti da tutta Italia e realmente esistite nelle pagine di cronaca nera dagli anni 40 a oggi sono costrette a occupare un ristrettissimo spazio vitale: una cella di 2mx2m. Ma sono donne. Sono donne anche loro. Hanno amato, e ameranno. Hanno un corpo, o l’hanno avuto. Sette cuori che battono in due metri per due possono fare tanto rumore. Le detenute sono protagoniste di un dramma a tratti comico, a tratti tanto amaro, fra alti e bassi, parolacce, litigi, e canzoni. Rigorosamente in bianco e nero, a vederle vicine, queste donne, sembrano uscite dal vecchio film al quale si ispirano. Le vedremo piangere, guardare con gli specchietti il mondo di fuori, innamorate dell’amore che non hanno più. Le vedremo giocare a calcio, senza pallone, pur di sopravvivere. Sopra di loro stelle e attimi di libertà. Scene dal film si alternano a scene interamente inventate dalla fantasia, ma soprattutto alle esperienze di vita delle detenute di cui raccontiamo la storia. Città / Inferno è un esempio di riassunto assoluto fra teatro, cinema e documentario. Le proiezioni di interviste, telegiornali anni 90, biografie sfortunate e scene di film fanno da sfondo , insieme al filo spinato altezza caviglie oltre il quale è vietato andare. La musica, tutta, dagli anni 40 a oggi, darà voce ai loro sogni notturni, alle loro origini così popolarmente carnali. Il Florian ha già ospitato il gruppo nO (Dance first. Think later) con lo spettacolo "Ciaulatothemoon" e con l'indimenticabile "Trenofermo" Segnalazione Speciale Premio Scenario 2013.



Il nuovo esperimento di teatro per piccoli gruppi di spettatori del Teatro del Lemming una delle più affermate compagnie di "teatro sensoriale". E per i più interessati il 9-10 -11 c'è il laboratorio "I cinque sensi dell'attore" condotto da Massimo Munaro.

Teatro del Lemming

CANTAMI ORFEO

concerto scenico

con Massimo Munaro (piano e voce) e Chiara Elisa Rossini (voce)

musiche e regia Massimo Munaro

Orfeo vuole ritrovare la sua amata morta: Euridice. Ella rappresenta l’amore perduto, i desideri che non siamo stati in grado di ascoltare, i sogni che non abbiamo saputo realizzare. Solo attraverso il mezzo dell’arte, del componimento poetico e musicale, egli ottiene dagli dèi di poter intraprendere il viaggio nell’Aldilà. Un viaggio nella terra degli assenti che è anche un viaggio a ritroso nella memoria, nei frammenti di ricordi perduti.

Il Lemming torna a sperimentare una drammaturgia sul mito dedicata ad un piccolo gruppo di spettatori, rivolgendosi ad un testo della cultura classica: Le metamorfosi di Ovidio e si focalizza attorno alla figura di Orfeo con un concerto scenico nato dalla profonda connessione di questo mito con la musica.

Il lavoro è rivolto ad un piccolo gruppo di spettatori alla volta, invitati ad adagiarsi su un grande materasso/altare bianco: come a suggerire uno sprofondamento orfico nel regno dell'inconscio e della morte. La musica, proveniente da ogni lato della sala, avvolge la percezione di ogni singolo partecipante. La visione è continuamente cangiante come in un infinito riflesso di specchi.

Nei lavori del Lemming, come sempre, non si tratta semplicemente di assistere ad uno spettacolo, quanto piuttosto di esserne completamente immersi e di vivere così una piccola esperienza. C'è qualcosa di profondamente intimo e spiazzante in questo sprofondamento. Il racconto di Ovidio si materializza continuamente interpuntato da altri frammenti poetici che ci aprono ad un immaginario più personale e profondo. E' come se lo spettatore fosse invitato a compiere, come Orfeo, una sua personale catabasi, una discesa nel mondo infero che è anche, inevitabilmente, un viaggio nella memoria.



"Gli anni amari di Pier Vittorio Tondelli sono finiti così, nel 1991, vent’anni fa, al debutto di un Natale, in un letto d’ospedale. Non ha parlato mai della sua malattia pubblicamente. Non ha parlato mai del suo morire. Almeno in apparenza. L’ha però trasposta in un racconto carico di umanità legato alla morte altrui, usata come specchio per l’anima". (Andrea Adriatico)

Teatri di Vita

BIGLIETTI DA CAMERE SEPARATE

uno sguardo di Andrea Adriatico su Pier Vittorio Tondelli

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Drammaturgia Contempranea

con Alberto Baraghini e Stefano Toffanin regia Andrea Adriatico

Un atteso ritorno quello dei Teatri di Vita, che abbiamo visto l'anno scorso sul palco dell'Auditorium Flaiano con “Jackie e le altre”. A 20 anni dalla morte di Tondelli, enfant terrible della letteratura italiana degli anni ’80, Andrea Adriatico gli rende omaggio con uno spettacolo che nasce dal romanzo "Biglietti da camere separate".

Un romanzo intimo che racchiude il Tondelli segreto di fronte ai misteri dell’amore e della morte. È Camere separate, storia bruciante e autobiografica, pubblicato due anni prima della scomparsa del suo autore, avvenuta nel 1991. Due uomini in scena raccontano la storia di Leo, scrittore omosessuale che deve fare i conti con un lutto importante nella sua esistenza. Sarà l’occasione per inseguire le tracce di sé disseminate nel tempo di una vita, dall’adolescenza inquieta in un paese della provincia padana ai viaggi per l’Europa mentre la geografia politica ed emozionale di un intero continente cambia pelle. Ma le “camere separate” sono anche la richiesta di un modello d’amore, capace di esprimersi solo per prossimità e mai per convivenze troppo opprimenti.



"Vincenzo Manna scommette in un pazzo futuro. L'uomo e la donna sono diventati due donne (e ciò conferisce a "Inverno" una credibilità perfino maggiore con quelle due attrici, Anna Paola Vellaccio e Flaminia Cuzzoli, di colpo mutate l'una nell'altra in una impressionante, astratta scena di sesso) [...] il dramma si presenta stravolto nella forma, che definirei rock: per la velocità, per la qualità di sfumature e sottigliezze nel gesto, laddove il dramma di Fosse resta quello di un doloroso retaggio della condizione umana, che meno si solleva da terra quanto più aspira a librarsi in volo" (Franco Cordelli, Corriere della Sera)

 

Florian Metateatro

INVERNO

di Jon Fosse

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / L'Europa è qui

un progetto di Vincenzo Manna e Anna Paola Vellaccio traduzione Graziella Perin regia Vincenzo Manna   con Anna Paola Vellaccio e Flaminia Cuzzoli     assistente alla regia Andrea Vellotti disegno luci Javier Delle Monache        costumi e oggetti di scena Cassepipe Compagnia

una produzione Florian Metateatro in collaborazione con ATCL e RIC-Festival 2014

Torna a Pescara, dopo un lungo percorso che lo ha visto riscuotere grande interesse e consensi dal Teatro India di Roma ai Teatri di Vita di Bologna, dal Teatro Studio di Scandicci al Teatro Libero di Palermo, dal Festival di Rieti Invasioni Creative alla Limonaia di Sesto Fiorentino, al Teatro Kismet di Bari, e prima di ripartire in tournée per le Officine Caos di Torino, uno degli spettacoli di punta del Florian Metateatro.

Una gelida alba d’inverno, un parco, una ragazza un po’ sbronza, forse drogata, e una  donna seduta su una panchina. Fra di loro inizia ben presto un inquietante passo a due, scandito da una partitura di gesti minimi e frasi smozzicate, che sottolinea i momenti di  un incontro impossibile. Ma proprio l’incontro casuale è l’inizio di una tenera e dolorosa storia d’amore che si snoda fra il chiuso di anonime camere d’albergo, solitari giardini urbani, bar. Un’indagine sulla solitudine e il desiderio, sull'“eccesso di  realtà” fisico ed emozionale, che lacera all'improvviso la banalità del quotidiano. 



Florian Metateatro/PescaraPianoDuo

VOCI DELLA MEMORIA

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Scenari Musicali

ideazione e cura Cristiana Arena e Simona Ampolo Rella con Giulia Basel, Umberto Marchesani, Emanuela D'Agostino (voci recitanti) Simona Ampolo Rella e Cristiana Arena (PescaraPianoDuo) Renato Marchese (violino) Roberto Torto (clarinetto) immagine locandina Davide Arena regia Giulia Basel

E’ possibile rappresentare e rendere attuale la Memoria della Shoà attraverso una performance musicale? Da quest’interrogativo nasce lo spettacolo-recital Voci della Memoria con musiche di M.Ravel, M.Castelnuovo Tedesco, S.Spinelli, B.Kovacs, E.Bloch, J.Williams, G.Gershwin e testi di P.Levi, B.Brecht, A.Frank, G.Debenedetti, P.Celan, L.C.Zaleski-Zamenhof, W.Shakespeare ed altri.

Nell'alternarsi di musica e testi, dall’esecuzione musicale di brani solistici o d’insieme prendono vita ora testimoni sopravvissuti all’olocausto ora personaggi consegnati alla letteratura ai quali fanno da contrappunto brani musicali classici o in stile klezmer, composti da autori di origine ebraica o a vario titolo legati alla cultura ebraica. La musica dà sfogo alle emozioni e sublima il dolore del racconto in un intrecciarsi di “voci” diverse, quella degli strumenti musicali e quella degli uomini, delle donne, suoni del presente e voci del passato in percorso coinvolgente ed emozionante. Là dove la storia testimonia la follia del sistematico tentativo di cancellare l’identità di un intero popolo, l’arte rielabora il dolore e lo alleggerisce, trasformandolo in emozione collettiva e ricostruisce il mosaico delle identità spezzate, rendendo così presente la Memoria e consegnandola al futuro delle nuove generazioni.



Khora Teatro

TIERGARTENSTRASSE 4

Un giardino per Ofelia

in occasione del Giorno della memoria

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Drammaturgia Contemporanea

di Pietro Floridia regia Daniele Muratore con Barbara Giordano, Serena Ottardo, Marco Polizzi (contrabbasso) scene Bruno Buonincontri

Uno spettacolo pluripremiato per una storia ambientata nella Germania degli anni ’40 dove si racconta l’incontro di due donne. Ofelia, una giovane disabile mentale che vive coltivando fiori nell’assoluta innocenza di un rapporto di verità col mondo, e Gertrud, un’infermiera nazista mandata a verificare le condizioni di Ofelia. Il compito di Gertud è sottoporre Ofelia al programma T4, il cosiddetto ‘Olocausto minore’ che prevedeva l’eliminazione dei disabili come vite ‘indegne di essere vissute’.

Il tutto raccontato in un triplice registro, il racconto di Gertrud dopo la fine della guerra, le vicende precedenti che scandiscono i momenti della storia e le canzoni di Edith Piaff (così piene di desiderio di vita e di libertà circondato da un grande alone di profonda solitudine) che sintetizzano i momenti di conoscenza delle due donne ed enfatizzano le loro emozioni. “Reggersi l’uno con l’altro” è la terapia che Gertrud sceglie per guarire Ofelia. E’ la terapia che Gertrud sceglie per guarire se stessa, per scappare da una vita piena di dolori e di solitudine. Queste due donne si incontrano in un momento della loro vita in cui sono completamente sole e per sfuggire da questo incubo decidono di affidarsi l’una a l’altra.



"Voglio immaginare tutta l'immaginazione che posso per muovere dalle parole di Pirandello verso un limite che non conosco. Portarle “al di fuori di tempo e spazio”, come indicato nella prima didascalia, toglierle ai personaggi e alle loro sfumature, ai caratteri, ai meccanismi dialogici, sperando possano portarmi ad altro, altro che non so, altro, oltre tutto quello che può sembrare. Le parole, le parole, le parole! sono queste il personaggio che ho scelto.Se i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo, per andare appena oltre, per provarci almeno, devo muovere proprio da quelli". Roberto Latini

Fortebraccio Teatro

I GIGANTI DELLA MONTAGNA

Radio Edit

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Assolonsolo

di Luigi Pirandello adattamento e regia Roberto Latini con Roberto Latini musiche e suoni Gianluca Misiti luci e direzione tecnica Max Mugnai video Barbara Weigel organizzazione Nicole Arbelli foto Simone Cecchetti

produzione Fortebraccio Teatro in collaborazione con Armunia Festival Costa degli Etruschi Festival Orizzonti . Fondazione Orizzonti d’Arte Emilia Romagna Teatro Fondazione

Terzo dei miti moderni di Pirandello. Dopo il religioso (Lazzaro) e il sociale (La Nuova Colonia), I Giganti della Montagna è il mito dell'arte. Rappresentato postumo nel 1937, è l'ultimo dei capolavori pirandelliani ed è incompleto per la morte dell'autore. La vicenda è quella di una compagnia di attori che giunge nelle sue peregrinazioni in un tempo e luogo indeterminati: al limite, fra la favola e la realtà, alla Villa detta "la Scalogna". La compagnia sembra avere, in qualche forma, un appuntamento col proprio doppio. Cotrone e Ilse stanno uno all'altra come scienza e coscienza, gli stessi Giganti, mai visti o vedibili, sono così nei pressi di ognuno da potersi sentire come proiezioni di sé.

Grande ritorno a Pescara, al Florian, dopo un lungo periodo di assenza di Roberto Latini ormai consacrato attore-autore e regista tra i più conosciuti e apprezzati del nuovo teatro. Vincitore di diversi premi tra cui il PREMIO SIPARIO nell'edizione 2011, il PREMIO UBU 2014 come Miglior Attore e il PREMIO DELLA CRITICA dall'Associazione Nazionale dei Critici di Teatro nel 2015, è il fondatore della compagnia Fortebraccio Teatro con la quale ha intrapreso negli ultimi vent’anni una personalissima ricerca che ha al suo centro l’arte e la responsabilità dell’attore, e come campo d’azione la drammaturgia dei classici, ridefinendo in scena personaggi come Caligola, Edipo, Amleto, Ubu, Otello.



Tiberio Fiorilli / Onirica / Officina Dinamo

FINALE DI PARTITA

di Samuel Beckett

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Classici Contemporanei

con Roberto Negri e Vito Latorre regia di Roberto Negri scene e costumi di Rossella Ramunni e Davide Sciascia aiuto regia Alice Mele assistente alla regia Gabriella Altomare organizzazione Flavia Ferranti

 

Prima danzare, poi pensare. E’ questo l’ordine naturale delle cose Samuel Beckett

L’attesa, l’ineluttabilità, l’indefinitezza sono caratteri salienti dell’universo onirico di Samuel Beckett . Hamm e Clov, due maschere archetipiche, due esseri catapultati nel nulla cosmico, nella solitudine di un mondo grigio e deserto (li avevamo già incontrati, erano Pozzo e Lucky di “Aspettando Godot”), immutabili nel conflitto servo/padrone, padre/figlio, martello/chiodo. Scelgonol’unica forma di salvezza: il gioco. E tra tutti, il più antico dei giochi: il teatro. Fingono di essere altrove e, ormai stanchi di attendere il Dio Godot, creano essi stessi i propri universi. Il potere evocativo delle parole supera i limiti della segregazione e dell’isolamento e poi dello spazio e del tempo. Consapevoli che per ogni partita “la fine è nel principio eppure si continua”, sondano le profondità dell’anima con curiosità di clown, per scoprire che vale la pena soltanto GIOCARE… Bambini sempre, fino alla fine dei giochi. Non c’è niente di più comico dell’infelicità. Questa frase di “Finale di partita” è, per sua stessa dichiarazione, la sintesi del pensiero di Beckett sul teatro, sulla vita.



 

"Cesura storica o (e?) mattanza di massa; ultima guerra ottocentesca oppure prima contemporanea; oscena fucina di morte o evocatrice di modernità; fine di un Mondo oppure incipit epocale? (...)Quante parole (sì, è stato anche un conflitto di parole) generate e parlate e scritte intorno al sangue, al rivolgimento degli spazi fisici, alla mutazione degli orizzonti mentali di milioni di uomini e donne? e quante le interpretazioni di una guerra non a caso percepita e detta "Grande" già da chi allora la stava vivendo e ne moriva?" Enzo Fimiani (Dizionario della Grande Guerra)

Florian Metateatro

ERA UNA NOTTE CHE PIOVEVA

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / La Storia si fa Teatro

In occasione del Centenario della Grande Guerra

uno spettacolo di Gian Marco Montesano con la collaborazione artistica di Giulia Basel     con Giulia Basel e Umberto Marchesani  voci fuori campo Massimo Vellaccio e Flavia Valoppi     registrazioni e fonica Globster      luci Renato Barattucci       montaggio video Oscar Strizzi

L'Italia e l'Europa in conflitto. Il riaffiorare, dopo cent'anni, di un ricordo lontano ma inquieto. La Prima Guerra Mondiale. Per fare memoria di una umanità spezzata, tragicamente sofferente ma quasi sempre assolutamente dignitosa. Una umanità assunta al maschile e al femminile nel contempo, visione non consueta trattandosi della “narrazione” di storie e fatti di soldati. Due interpreti, l'Alpino e la Crocerossina. Le lettere e i diari. Le Crocerossine scrivono diari per ricordare le sofferenze dei più umili tacendo le proprie e i loro feriti che generano una scrittura come il balbettare del corpo sofferente, solo per “far sapere a casa” che "tutto va bene". “Era una notte che pioveva e che tirava un forte vento” dice la canzone degli Alpini e così questo progetto che non pretende di soffiare come vento della Storia ma, semplicemente, ritornare puntuale come vento del ricordo.

"Forse può essere utile a tutti noi italiani, ora che abbiamo sempre meno fiducia in noi stessi e nel nostro futuro, ricordare che un secolo fa l'Italia fu sottoposta alla prima grande prova della sua giovane storia. Poteva essere spazzata via; invece resistette. Dimostrò di non essere soltanto "un nome geografico", come credevano gli austriaci, ma una nazione" Aldo Cazzullo (La guerra dei nostri nonni)



Teatro del Krak

SARA' MIMI'

Mia Martini i giorni, le canzoni

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Scenari Musicali

drammaturgia e regia di Antonio Tucci con Flavia Valoppi, Gabriella Profeta (voce), Fabio D’Onofrio (pianoforte)

 

Sarà Mimì è uno spettacolo dedicato a un mito della musica italiana: Mia Martini. Dai primi passi nel difficile mondo della musica ai successi indimenticabili degli anni Settanta, all’abbandono delle scene degli anni Ottanta, per poi tornare con la splendida "Almeno tu nell’universo" presentata sul palco di Sanremo in una esibizione da brividi. E ancora la riconciliazione con la sorella Loredana Bertè, la carriera in ascesa e poi la morte improvvisa, tragica, assurda. Un racconto con parole e canzoni che ripercorre la carriera musicale e le vicende familiari e private che tanto hanno influito sulla profondità espressiva di un’interprete eccezionale. Un talento riconosciuto e amato nel mondo, che in Italia non ha potuto esprimersi pienamente a causa di una maligna diceria. Vent’anni sono trascorsi senza Mimì, ma la sua voce straordinaria e intensa continua a cantare e a emozionare. La drammaturgia originale è a cura del regista e ideatore del progetto Antonio Tucci, che l'ha tratta da interviste, scritti e biografie di Mimì Bertè. In scena Flavia Valoppi narra la storia della vita di Mimi' mentre Gabriella Profeta, accompagnata al pianoforte dal maestro Fabio D'Onofrio, interpreta le canzoni che hanno resa famosa e ancora presente la grande Mia Martini.



Hora Quartet

Sarabanda Postcomunista.

Un monologo in jazz.

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Scenari Musicali

di Irida Gjergji Mero con Irida Gjergji Mero voce e viola Giacomo Salario pianoforte Ivano Sabatini contrabbasso Walter Caratelli batteria collaborazione alla drammaturgia e alla messa in scena Andrea Cosentino musiche originali Diego Conti, Giacomo Salario occhio interno/esterno Luljeta Gjergji Mero installazione scenografica Francesco Lupo disegno luci Andrea Micaroni costumi Daniela De Santis grafica Antonio Stella produzione Florian Metateatro Centro di Produzione

 

Una biografia traslata e musicata sul tema delle radici. Sulla condizione dell'emigrare/immigrare, sull'incertezza di questo doppio passo. Il passo forzato verso la nuova terra, la nuova cultura, e il desiderio di ritrovarsi e riconoscere le proprie radici. La drammaturgia non punta alla polemica sociale ma gioca con i luoghi comuni sulla diversità, con la ricchezza di dettagli e lo sguardo straniato di chi li affronta ogni giorno in prima persona. Lo spettacolo si compone di racconti, brani, suoni e ritmi della tradizione popolare albanese rivisitati in chiave contemporanea. E' il risultato dell'incontro tra un'attrice e violista classica albanese, immigrata da più di dieci anni, e tre musicisti italiani di estrazione squisitamente jazzistica. Terreno comune della ricerca è il tentativo di intrecciare il suono alla parola, di farle fluire naturalmente in racconti di stupore e danze animate. Nina è un personaggio che porta dentro di sé due mondi: la modernità e la tradizione, l'Albania di oggi e quella del regime, l'Italia immaginata e quella vissuta. Affronta con divertimento e cinismo un naufragio. E' espressione di chi una terra non l'avrà mai, se non quando batterà il piede per tenere il ritmo della sua musica.



Dopo lo spettacolo, per Incontri a teatro / Sotto la tenda dell’Avanguardia seguirà un colloquio con la compagnia a cura di Paolo Verlengia. Interverrà Pippo Di Marca.

 

Valentina Capone

SOLE Sun-Alone

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Assolononsolo

di e con Valentina Capone liberamente tratto da Le Troiane e da Ecuba di Euripide luci Stefano Stacchini musiche Alessandro Rinaldi - Valentina Capone maschere Stefano Perocco Di Meduna assistente alla regia Rascia Darwish

PREMIO E.T.I. GLI OLIMPICI DEL TEATRO 2009

Sole è basato su una libera, e talvolta anche ironica rivisitazione e sintesi de "Le Troiane" di Euripide: è uno spettacolo visionario e le musiche e le luci non sono accompagnamento, ma parte integrante. La scenografia è essenziale, non mi serve quasi niente - tre sedie ed uno scudo sospeso- proprio perché lo spazio possa essere tutti i luoghi e nessuno: le rovine della città di Troia, un cimitero o forse, semplicemente, il luogo in cui mi vesto e mi spoglio per dar vita alle singole figure ed alle maschere (utilizzo infatti anche maschere di cuoio originali, proprie della Commedia dell'Arte, per incarnare Cassandra, Andromaca e le principali protagoniste). Nell'insieme, Sole risulta essere un lavoro che arriva sia ad un pubblico "esperto" che in platee non "allenate" alla ricerca teatrale, poiché, al di là della trama, coinvolge soprattutto a livello emotivo.

A Roma l'ho presentato al Teatro Quirino e anche al Teatro Eliseo, in una serata contro la guerra, e poi al CRT Teatro dell'Arte di Milano, al Teatro Garibaldi di Palermo, al Teatro degli Atti di Rimini a Fara in Sabina e di nuovo a Roma al Teatro Brancaccino.



Stalker Teatro

DRAMA SOUND CITY

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Performing art and electro sound

in collaborazione con Deposito dei Segniprogetto e regia Gabriele Boccacini musiche originali eseguite dal vivo Ozmotic: Stanislao Lesnoj e SmZ performer Elena Pisu, Dario Prazzoli, Stefano Bosco disegno luci Andrea Sancio Sangiorgi foto di scena Giorgio Sottile video Fabio Melotti

 

“Drama Sound City“ è un progetto della compagnia Stalker Teatro in collaborazione con i musicisti di Ozmotic. Una performance dal forte impatto visivo e musicale che si rivolge a un pubblico eterogeneo, curioso e attento alle novità. Un spettacolo dal vivo visionario, un ponte tra electro music e performing art. La performance, in cui si intrecciano arte visiva e performativa, musica elettronica e pop sperimentale, conduce lo spettatore attraverso sei scene/quadri visionari, scanditi da luci, azioni e suoni che compongono e scompongono geometrie della periferia cittadina come in un time lapse che ne cattura le rapide trasformazioni, cogliendo ne i caratteri più solitari, notturni, enigmatici.



"Dalla confusione iniziale (figlia delle nostre paura odierne e del nostro rimorso per il passato) si passa a un’impalcatura testuale molto più articolata. La chimica tra Frosini e Timpano è perfetta e ancora una volta i due attori e autori riescono a raccontarci un pezzo della storia italiana, facendo letteralmente a pezzi le nostre fragile certezze. “Acqua di Colonia” (un titolo bellissimo, che ci ricorda come quanto hanno fatto i nostri connazionali in Africa ci resterà addosso e sarà difficile da lavare via) è uno spettacolo importante, corposo e pedagogico, senza per questo risultare noioso e saccente. Frosini e Timpano, con i loro lavori che scandagliano la storia e la società italiana (come “Aldo morto” – altro titolo geniale – e “Zombitudine”) hanno ribaltato e rinnovato il concetto stesso di teatro civile, togliendogli ogni orpello radical chic e prendendo letteralmente d’assalto lo spettatore." (Diego Curcio, GenovaQuotidiana, novembre 2016)

 

Frosini-Timpano

ACQUA DI COLONIA

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / La storia si fa teatro

testo, regia, interpretazione Elvira Frosini e Daniele Timpano consulenza Igiaba Scego voce del bambino Unicef / Sandro Lombardi aiuto regia e drammaturgia Francesca Blancato scene e costumi Alessandra Muschella e Daniela De Blasio disegno luci Omar Scala progetto grafico Valentina Pastorino uno spettacolo di Frosini / Timpano produzione Accademia degli Artefatti, Kataklisma Teatro con il contributo produttivo di Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, Romaeuropa Festival,  con il sostegno di Armunia si ringrazia il Teatro di Roma - Teatro Nazionale

Noi siamo colonialisti? Lo siamo stati? Che ne sappiamo? E che c'entriamo? E oggi cosa siamo?

Il colonialismo italiano. Una storia rimossa e negata, che dura 60 anni, inizia già nell'Ottocento, ma che nell'immaginario comune si riduce ai 5 anni dell'Impero Fascista. Cose sporche sotto il tappetino, tanto erano altri tempi, non eravamo noi, chi se ne importa. È acqua passata, acqua di colonia, cosa c'entra col presente? Eppure ci è rimasta addosso come carta moschicida, in frasi fatte, luoghi comuni, nel nostro stesso sguardo. Vista dall'Italia, l'Africa è tutta uguale, astratta e misteriosa come la immaginavano nell'Ottocento; Somalia, Libia, Eritrea, Etiopia sono nomi, non paesi reali, e comunque “noi” con “loro” non c'entriamo niente; gli africani stessi sono tutti uguali. E i profughi, i migranti che oggi ci troviamo intorno, sull'autobus, per strada, anche loro sono astratti, immagini, corpi, identità la cui esistenza è irreale: non riusciamo a giustificarli nel nostro presente. Come un vecchio incubo che ritorna, incomprensibile, che ci piomba addosso come un macigno.



 Andrea Cosentino proviene dalla scuola di Dario Fo presso la “Libera Università di Alcatraz” e dal teatro gestuale di Philippe Gaulier della scuola mimica e clownesca di Jacques Lecoq a Parigi. Dissacrante ironico, irriverente, tutto questo e molto altro è Andrea Cosentino, affermato attore, autore e regista di quella che il critico Nico Garrone aveva definito la non-scuola romana. Il suo recente spettacolo "Lourdes" è vincitore dell'importante concorso "I Teatri del Sacro 2015".

Andrea Cosentino

NOT HERE NOT NOW

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Assolononsolo

di e con Andrea Cosentino regia Andrea Virgilio Franceschi video Tommaso Abatescianni

Torna a grande richiesta, dopo il successo dello scorso anno, l’esilarante Not here not now di Andrea Cosentino, una delle figure più interessanti della nostra scena. In “Not here, not now” Cosentino approfondisce quel rapporto tra l’arte e la vita che è il suo reale campo d’indagine e ragiona – e ci fa ragionare – in modo straordinariamente intelligente sulle relazioni intercettabili tra performance, teatro ed esistenza umana. Il suo modo di operare è un modo giocoforza sghembo, rovesciato, comico. Un modo che accosta la cauta fisicità del mimo all’istrionismo dell’attore volutamente eccessivo, la sagace (auto)ironia del clown alla semplicità lirica della marionetta, le linee aperte del cabaret al racconto biografico della narrazione, il senso del ridicolo di Chaplin alla malinconia di Lecoq, la romanità di Petrolini alla prossemica burattinesca di Totò. Dietro tutto questo materiale si nasconde ovviamente lui, Cosentino. Con la sua storia di figlio e di padre. Con la sua tartassante indagine sul senso dell’essere artisti oggi. Un incontro/scontro da teatranti con la body art, il lazzo del clown che gioca con il martirio del corpo come testimonianza estrema. Marina Abramovic dice: il teatro, il cinema, l'arte sono limitate, essere spettatori non è un'esperienza. L'esperienza bisogna viverla. “Theatre is very simple: in theatre a knife is fake and the blood is ketchup. In performance art a knife is a knife and ketchup is blood.”

Il resoconto di un'esperienza attiva con Marina Abramovic, capace di capovolgere il silenzio del pubblico in risate a ripetizione. Un assolo da stand up comedian per spettatori fatalmente passivi e programmaticamente maltrattati, con pupazzi parrucche martelli di gomma e nasi finti. E ketchup, naturalmente.



Andrea Cosentino

TELEMOMO'

per TEATRO D'AUTORE e altri linguaggi / Assolononsolo

di e con Andrea Cosentino

Arriva invece per la prima volta a Pescara Telemomò, un’autentica dimostrazione di estro, di fantasia, ma soprattutto un modo per smitizzare, per prendere in giro la televisione e la sua programmazione. Lo spettacolo “TeleMomò” di Andrea Cosentino, attore, autore e studioso di teatro rappresenta una sorta di gioco divertente, intelligente ed al contempo semplice, che l’autore ed interprete, interessato alla ricerca linguistica e performativa sulle forme espressive subalterne, propone, in circa un’ora, al pubblico facendolo assistere ad una particolare serata di programmazione tv. Nei panni dell’eclettico animatore di “TeleMomò”, il canale tv un pò anarchico ed alternativo, Andrea Cosentino, tira fuori dalla sua valigia parrucche, Barbie e Big Jim, animali in miniatura, gambe di manichini e libri e spazia con battute pungenti da un programma all’altro, dall’intrattenimento, alla cultura, all’intervista, alla pubblicità. Nella pièce, quindi, ironia, risate, ribaltamento dei messaggi tv e personaggi stravaganti, tutti inventati e interpretati da Cosentino stesso.

Alla bravura e allo studio del linguaggio contemporaneo e televisivo da parte dell’autore ed interprete si accoppia il confuso e irresistibile montaggio dei vari programmi di “TeleMomò”, una vera “festa”, per il pubblico.



 

TSFD

DITELO ALLE STELLE

i prigionieri dell'Arandora Star

Sabato 20 ore 21.00 e domenica 21 maggio ore 18.00 - Florian Espace

per La storia si fa teatro

 

 Viene presentato in “anteprima”  uno spettacolo teatrale che parla di guerra e di emigrazione,  ispirato alla vicenda storica  dell’affondamento dell’Arandora Star (2 luglio 1940)

testo e regia Federica Vicino  con Davide Clivio,  Massimo Leone e con Daniele Di Masci, Pierluigi Lorusso, Federico Sponsilli  musiche originali Angelo Valori produzione Florian Metateatro

Durante la Seconda Guerra Mondiale, i paesi di entrambi gli schieramenti applicarono l'internamento dei cittadini originari dei paesi nemici per timore dello spionaggio. L’Arandora Star, imbarcazione britannica che era stata una nave da crociera, fu riconvertita dal governo inglese in nave cargo e adibita al trasporto degli internati dell'Asse in Canada. La nave fu sovraccaricata e i prigionieri furono ammassati nelle cabine, trasformate in celle. Inoltre, senza una ragione plausibile, lo scafo venne ridipinto di un anonimo grigio e l’imbarcazione non esponeva alcun segnale convenzionale che potesse far identificare la sua reale funzione (come il simbolo della Croce Rossa). Il 2 luglio 1940, a largo della costa nord-ovest dell'Irlanda, fu colpita da un siluro lanciato dall'U-Boot U-47, e affondata. L'equipaggio dell'U-Boot dichiarò in seguito di essere stato tratto in inganno dalla livrea grigia che faceva sembrare la nave un mercantile provvisto di armi in dotazione alla marina britannica. L'Arandora Star, senza più potenza motrice, affondò in trentacinque minuti. Persero la vita più di ottocento persone, 446 delle quali erano italiane. La tragedia dei deportati dell’Arandora Star riassume in sé gli elementi tipici che potrebbero contribuire a scrivere una delle tante pagine di “storia sociale” del nostro paese,. E’ una vicenda che parla di emigrazione, di uomini che fuggono dalla miseria in cerca di un futuro migliore; è una vicenda che parla di emarginazione, di diffidenza, di razzismo; è una vicenda che parla di guerra, di folli ideologie e di altrettanto folle sete di potere…Pochi hanno notizia di questa immane tragedia che, accanto a molte altre, ha segnato la storia italiana della Seconda Guerra Mondiale. Pochi sanno come andarono realmente le cose. Pochissimi ricordano e riflettono sul valore del sacrificio di chi è vissuto nell’ombra ed è morto nell’ombra. Da questi spunti, da queste riflessioni, nasce l’idea di allestire lo spettacolo: “Ditelo alle stelle”. La necessità è sempre e solo una: tenere viva la memoria. E anche tenere ben presente che dietro il “numero delle vittime”, che di solito viene riportato nelle cronache, ci sono persone, persone vere, con le loro anime, le loro storie, i loro affetti, le loro grandezze, le loro miserie, i loro sogni, le loro aspirazioni, le loro paure. Perché la guerra non è fatta di numeri, ma di persone.

 
 

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